Le misure adottate in tutto il mondo per contenere la pandemia hanno generato enormi cambiamenti anche nell’ambito delle risorse umane. Tuttavia, un ritorno ai vecchi schemi non è più concepibile e nemmeno voluto. Una relazione sulla gestione delle risorse umane 2021.
La lotta contro il coronavirus non ha avuto solo conseguenze macroeconomiche negli ultimi 18 mesi. In tutte le organizzazioni di tutte le dimensioni e in tutti i settori, sono state adottate le più svariate misure per evitare il contagio, in conformità con le normative in vigore nei diversi Stati. Questo è stato un periodo molto impegnativo, specialmente per le aziende con sedi dislocate in più Paesi. Tuttavia, superare questa sfida non era solo compito della direzione e dei dipartimenti IT, che dovevano assicurare la rapida conversione dell’infrastruttura aziendale al lavoro a distanza, ma naturalmente anche dei responsabili delle Risorse Umane.
“Il passaggio all’onboarding digitale dei nuovi dipendenti, la necessaria rinuncia ad uno scambio tempestivo e spontaneo di informazioni “in corridoio” a causa dell’improvvisa mancanza di contatto vis-à-vis tra i dipendenti, l’uso di videoconferenze per discutere qualsiasi questione e l’accresciuta esigenza di consulenze all’interno dell’azienda in merito a questioni organizzative e di gestione delle risorse umane, hanno richiesto un cambiamento significativo nei processi del dipartimento HR e una maggior comprensione dell’importanza del lavoro condotto da questo dipartimento”, riferisce Grit Endter, Head of HR Operations & Development di Snom. “È stata un’esperienza che personalmente ho trovato arricchente, poiché ha segnato l’inizio di una nuova era nella gestione delle risorse umane.
Cambiamento necessario nelle procedure di assunzione
Alla luce di una situazione economica rosea, Snom ha aperto numerose nuove posizioni ed è stata in grado di occupare i posti vacanti nonostante la pandemia: Nel periodo di totale lock-down, l’azienda ha assunto 14 nuovi impiegati.
Secondo Endter, condurre i colloqui di lavoro in videoconferenza non è stato uno svantaggio – le circostanze inusuali hanno persino assicurato una maggiore autenticità tra tutti i partecipanti. La conversazione video, quindi linguaggio e mimica visibile hanno prodotto valutazioni reciproche positive o negativa che fossero – dello stesso valore di colloqui tenuti in ufficio. “Naturalmente è più bello se il candidato può anche farsi un’idea degli ambienti aziendali. Ma sarebbe sciocco rinunciare ad un colloquio con un potenziale talento solo a causa delle misure di contenimento o della distanza”, sottolinea Endter.
Sfide che promuovono il cambiamento
Anche il ruolo delle Risorse Umane nell’azienda è cambiato in modo duraturo durante questo periodo e ha assunto un posizionamento molto più rilevante – incluse nuove caratteristiche. Dall’essere punto di riferimento per le mere questioni contrattuali e di diritto del lavoro, l’HR viene consultato sempre più spesso quale interlocutore competente per lo sviluppo delle risorse umane, le questioni organizzative e le preoccupazioni del personale.
Era anche importante definire nuove procedure formazione. “Abbiamo erogato la nostra consulenza quando si è trattato di ridefinire i processi lavorativi e contribuito alla ridistribuire i compiti, alla definizione di nuovi schemi operativi e addirittura alla progettazione dell’home office”, aggiunge Endter.
Una delle sfide più grandi, tuttavia, è stata quella di abbandonare la “cultura della presenza” saldamente ancorata in molti. I dipendenti e i dirigenti hanno dovuto in primis superare lo scetticismo verso se stessi e gli altri. Da remoto si lavora davvero così bene come in ufficio? Superare questi pregiudizi è costato a tutti molta energia – nonostante la produttività della forza lavoro sia rimasta invariata. Grazie a schemi di lavoro maturi e rapidamente implementati e al buon livello di commesse, non è stato neanche necessario introdurre l’orario ridotto. L’azienda ha persino raggiunto i suoi obiettivi nell’anno del coronavirus.
Eppure, l’uomo è un essere sociale
La necessità di colloqui con il personale è indubbiamente aumentata proprio a causa della distanza fisica durante questo periodo, ma, a differenza del passato, la creazione di soluzioni individuali ha richiesto una visione olistica della vita e della situazione lavorativa dei dipendenti. Non avere all’improvviso un contatto dal vivo e diretto con colleghi e superiori ha avuto sicuramente un impatto su molti. “Così, se da un lato alcuni reparti si sono presentati in ufficio a scaglioni senza esitazioni, per poi tornarvi al completo appena è stato possibile, dall’altro taluni lottano ancora con stati di panico da coronavirus, motivo per cui il loro rientro in ufficio ha luogo più lentamente”, spiega Endter.
In un momento in cui alcune aziende ordinano ai lavoratori di tornare in ufficio senza possibilità di obiezione, e altre, invece, hanno prolungato l’obbligo dell’home office almeno fino alla fine dell’anno senza interrogarsi in merito alla situazione concreta dei dipendenti, Snom ha optato per uno schema equilibrato aperto ad entrambe le opzioni operative.
Tendenze irreversibili
Questi 18 mesi di pandemia hanno cambiato in molte persone la percezione della propria realtà.
Molti dipendenti hanno apprezzato l’azzeramento dei tempi di percorrenza e la possibilità di programmare il proprio lavoro in modo più flessibile. Con l’eccezione di profili lavorativi, per i quali, per motivi di sicurezza dei dati o per la necessità di accedere alla dotazione tecnica, la presenza fisica in azienda è richiesta, una disposizione flessibile dei “giorni d’ufficio” è divenuta parte integrante del quotidiano. Come imprenditore e responsabile delle risorse umane, si dovrebbe quindi attingere a tutte le possibilità tecniche per garantire questa flessibilità, usarle virtuosamente e sviluppare – già oggi – i modelli di lavoro di domani.
Secondo Endter, guardarsi indietro analizzando i risultati raggiunti nonostante il ricorso forzato all’home office solleva la questione di quanto le PMI in generale fossero disposte a prendere a cuore l’introduzione del principio dell’equilibrio tra lavoro e vita privata (work-life-balance) in termini concreti. Anche presso i datori di lavoro più aperti, come Snom fortunatamente è (il produttore è stato nominato dalla rivista tedesca Focus “Top Medium-Sized Employer”), ciò che viene offerto ora ai dipendenti da questo punto di vista, grazie alle esperienze accumulate, è lontano anni luce da quello che si reputava ottimale prima della crisi sanitaria.
Non da ultimo: finché tutto il mondo sarà in lotta contro i tassi di incidenza e l’occupazione dei letti di terapia intensiva, i nuovi modelli di lavoro non possono trascurare l’adozione di misure di igiene e prevenzione, comprese eventuali stazioni di test aziendali. Tuttavia, i legislatori creano zone grigie in merito all’obbligo di fornire prove della vaccinazione, guarigione o test negativo, cosa che rende difficile determinare la giusta portata delle misure interne da introdurre. Tuttavia, questo è un capitolo a sé. Come responsabili delle risorse umane, non possiamo che attendere gli sviluppi con la massima curiosità.