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Dritti alla meta nonostante i guasti: gli shuttle senza conducente arrivano in sicurezza dal punto A al punto B

Trasportare visitatori dalla fermata del tram al centro fieristico, incrementare con mezzi supplementari le tratte del trasporto pubblico, spostare container carichi di merci nei centri logistici: sono questi i possibili campi di applicazione degli shuttle senza conducente. Il prerequisito è poter andare dal punto A al punto B in modo sicuro e affidabile: da qui il Progetto 3F.

In particolare, il team di progetto voleva garantire che il sistema, in caso di segnalazioni di errori o guasti, potesse completare il tragitto. Il progetto, finanziato con 4,3 milioni di euro dal Ministero per gli affari economici della Germania federale, vede Bosch come leader del consorzio insieme ad altre tre aziende, StreetScooter GmbH, RA Consulting GmbH e Finepower GmbH, con la collaborazione dell’Università RWTH di Aachen e dell’Istituto di Ricerca FZI Research Center for Information Technology.

Alimentazione ridondante e tecnologia dei sensori

Gli shuttle senza conducente devono soddisfare requisiti diversi rispetto, per esempio, alle autovetture altamente autonome” ha spiegato Thomas Schamm, coordinatore del progetto Bosch. Per funzionare senza conducenti gli shuttle devono essere in grado di monitorare il sistema in modo autonomo, in altre parole, eseguire attività di diagnostica e gestire eventuali guasti tecnici rilevati, in modo da poter continuare la marcia. Allo stesso tempo, devono essere in grado di proteggere il sistema nel caso di guasti critici, per esempio arrestandosi. Il Progetto 3F ha lavorato alla definizione di questi requisiti nel dettaglio, a come debbano essere progettati i sistemi e a come ottimizzare la modalità di interazione dei singoli componenti.

Una soluzione consiste nella ridondanza, ovvero nella duplicazione delle funzioni per la sicurezza. Per esempio, i ricercatori hanno sviluppato sistemi ridondanti per l’alimentazione, in modo che i sistemi di propulsione e l’impianto elettrico del veicolo siano protetti in modo affidabile. Hanno anche adattato e perfezionato la tecnologia dei sensori in base al design del veicolo. Per rilevare gli ostacoli con affidabilità, hanno installato diversi sensori lidar e radar in vari punti sul perimetro del veicolo, consentendogli di osservare l’area circostante da diverse posizioni. Grazie a una panoramica dall’alto a 360° ed evitando i punti ciechi, questa soluzione crea una specie di zona di protezione 3D. Questo tipo di configurazione non solo consente di rilevare gli ostacoli sulla strada, come le barriere, ma individua anche elementi come i rami sporgenti.

Rilevare, classificare e adattare il comportamento di guida

Un’altra soluzione consiste nell’integrazione della fault-tolerance, in modo che il guasto di un sottosistema venga almeno in parte compensato da altre funzioni. È un po’ come per le persone: se le luci si spengono all’improvviso in una stanza non restiamo immobilizzati, ma usiamo i nostri sensi per orientarci, in questo caso il tatto. Lo shuttle si comporta in modo simile: se non riesce a vedere in un determinato punto, per esempio perché il sensore è coperto di foglie o un cassonetto blocca completamente la vista in una direzione, lo shuttle rallenta o evita le parti della strada che non riesce più a rilevare.

Inoltre, il Progetto 3F ha lavorato per assicurare che gli shuttle potessero anche reagire a circostanze alterate lungo il percorso stabilito. I veicoli sono programmati per rallentare quando qualsiasi oggetto in movimento si avvicina o, in caso di dubbio, per tenersi a distanza dagli oggetti sconosciuti. Quando invece identificano elementi stradali noti, come i lampioni, riprendono la marcia a piena velocità. In caso di un pericolo imminente, lo shuttle si arresta in via cautelativa. L’obiettivo è che il veicolo, in tempo reale, adatti il proprio comportamento di guida alle circostanze, continuando la marcia in modalità autonoma quando è possibile, anche in caso di malfunzionamento del sistema o di ostacoli sul percorso.

Il triplo della telemetria, il doppio delle applicazioni

I dati sul percorso e lo stato tecnico corrente possono essere inviati dal veicolo e ritrasmessi ad esso. Vengono così scambiate informazioni su tre diverse funzioni: diagnostica, monitoraggio e controllo. La telemetria è quindi triplice, per questo è chiamata “Teletrimetria”. Vengono quindi a crearsi le basi per un’intera flotta di shuttle autonomi che possono essere monitorati, ma anche riparati e comandati da remoto, per esempio, per aprire le porte. In altre parole, i veicoli ricevono assistenza anche nel caso in cui superino i propri limiti di rilevamento dei guasti e compensazione, o necessitino semplicemente di manutenzione programmata.

Le soluzioni sviluppate nel progetto possono anche fornire un valido supporto ai processi logistici. I membri del progetto hanno sviluppato un sistema di assistenza per l’interazione tra conducente e veicolo che consente il posizionamento accurato dei transpallet con cassa mobile, speciali veicoli utilizzati per spostare i container nei centri di logistica. In questo caso l’obiettivo era di muovere i veicoli con una precisione al centimetro sotto la gru a ponte, per consentire la gestione rapida dei container. Per farlo, occorrono capacità di posizionamento preciso e di parcheggio autonomo. Nella pratica, questa manovra autonoma consente il prelievo e il posizionamento del container senza errori.

Questi sviluppi sono stati testati su diversi percorsi di prova: nel campus di ricerca di Renningen di Bosch si è sperimentato il trasporto di persone con due shuttle in un’area condivisa con i pedoni, mentre nel parco per l’innovazione vicino ad Aachem e nell’area intorno a un deposito della Deutsche Post/DHL è stata testata l’interazione tra conducente e veicolo autonomo utilizzato per la logistica.

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